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L'APPARTAMENTO ITALIANO cap. 1 - Mile End

- L'APPARTAMENTO ITALIANO - A novel by Rigonondorme 

Capitolo 1. "Mile End" 


Risultati immagini per tate modern fogLa curiosità che aveva accompagnato quel singolare ritrovamento cresceva nei mesi. Pareva quasi le condizioni dell’anziano, trovato moribondo qualche mese prima sulla strada pertinente “La Struttura”, migliorassero in parallelo al cambio di rotta che Andrea s’era imposto. 



Da tempo ormai, infatti, non si concedeva le serate dissolute alle quali, dopo la separazione, s’era rapidamente abituato. E l’Andrea agli amici domandosi di “perchè”, giustificava il novello distacco dalle droghe con i più disparati motivi, seguendo l’ispirazione del momento. 

Smettere di colpo, con le spade, non è per nulla semplice ma, la saggezza della moderazione, che sempre accompagnò la sua sociocompatibile tossicodipendenza, permise al sensibile trentacinquenne di rinunziare a quel piacere paragonabile a null’altro. 
Molte estati prima, per amore, vi riuscì ingrassando come mai, appagato dai piaceri d’una nuova vita serena, dove unici vizi divennero le bottiglie di Bordeaux, quelle di Sautern, qualche cubano e giusto un paio di strisce all’anno; molti inverni dopo, per amore, tornò ad esser lo spettro rock che, in fondo, era sempre stato. 

Sarebbe menzogna il negare lo stimolo che quell’anziano, distrutto dalle droghe, prossimo alla morte diede ad Andrea. Di fatto, egli, non voleva fare la stessa fine. Grazie alla sua professione all’interno de “La Struttura”, Andrea, poteva di volta in volta compensare le carenze che l’astinenza fa pesare ad un fisico assuefatto. 

Nell’inseparabile “Keepall” vintage le vitamine, le benzodiazepine, gli ansiolitici, le aspirine, il paracetamolo, qualche acido, qualche amfe e qualche canna presero rapidamente il posto degli ormai ammuffiti completi Sergio Tacchini che, da sposato, utilizzava nei duelli su terra battuta, inconfondibile presagio che un’altra dolce domenica borghese era iniziata. 

Già carico della borsa-sopravvivenza, uscendo, Andrea si specchiò compiaciuto; i morbidi pantaloni fresco di lana Paul Smith color antracite cadevano perfetti, sui mocassini testa di moro Bottega Veneta, il solo maglione beige in lana moher Commes, più largo d’un paio di taglie, a coprire le sporgenze ossee, gli inseparabili occhiali YSL ed una nuova abbronzatura donata dall’et3 unico emblema di un’italianità che mai, nemmeno in patria, gli fu riconosciuta. 

Non era più un cadavere, ne stava uscendo, trovando motivazioni laddove, ormai, la noia e l’apatia sembravano governare indisturbate. 

-L’energia è palpabile nella Londra primaverile- riflettè l’Andrea, per l’occasione passeggiatore senza fretta a Southbank, solito caffè Star Bucks troppo caldo in una mano e, come perfetto complemento, una preziosa Marlboro morbida, nell’altra. Continuò con i suoi pensieri riempitivi collegando le casualità della sua vita e domandandosi dove sarebbe stato in quel preciso istante se, anche solo un elemento della catena, fosse stato diverso: fu l’amico Nicola ad insistere, da ragazzini, per fondare una band; fu il successo a portarli a Londra; fu Londra a portarli a Camden e gli abitanti (nuovi amici dei due), di quel luogo senza padroni, all’eroina; fu una partita mal tagliata ad uccidere Nicola e a spedire Andrea ne “La Struttura”; fu l’infermiera Kate a prendersi cura di lui per 2 mesi e per i successivi 10 anni, che vissero come in una sorta di bolla magica e protetta. 

Le richieste d’autografi erano, ormai, solo un vago ricordo. Luke, Daniel e Febal continuavano la loro carriera col nome della glam band fondata nella cantina d’una provincia Bresciana da Nicola ed Andrea 15 anni prima. Le centinaia di sterline in diritti d’autore, che ogni giorno venivano bonificate, rendevano accettabili i ricordi che ogni manifesto del gruppo ed ogni loro canzone per radio riuscivano inevitabilmente a rievocare. 

I tentativi di suicidio, dopo la perdita dell’amico, erano frequenti ma la presenza costante di Kate permise ad Andrea di superare il momento. Riprendere il lavoro che aveva abbandonato in Italia per seguire i suoi sogni di gloria sembrava cosa impossibile ma, sempre grazie all’aiuto di Kate, vi riuscì senza particolari impedimenti. Diede un taglio netto con le sue frequentazioni di Richmond, Brick Lane, Soho e Camden a favore di un nuovo appartamento-reggia con vista sul Tamigi e sulla Tate Modern, comprato senza bisogno di mutuo, dando fondo a tutti i risparmi di una vita, a due passi dalla fermata Bank. Kate vi si trasferì da Clapham nel giro di un paio di mesi. 

Ben presto i nuovi amici dei due furono managers, architetti, brokers e medici, fauna indigena di quei quartieri, i quali, apprezzavano infinitamente il gusto nostalgico dei complementi di modernariato 60s di un’Italia ancora orgogliosa e creativa con cui, Andrea, aveva arredato lo splendido quadrilocale. 

Gli amici, quelli vecchi, lo riaccolsero, dopo la separazione, a braccia aperte. Non fu tanto difficile, come invece poteva attendersi, passare dal letto di CapDesign con coperte in cachemire, nel quale ora probabilmente Kate si divertiva con qualcun altro, alla brandina militare fornita dall’amico Paul con secchio per vomito come unico optional. Ogni mattina al risveglio, Andrea, ricordava il periodo passato nel salubre lusso come fosse stato un sogno o una vita precedente... com’era possibile cambiare così radicalmente senza segni permanenti? 

Vedere Kate ne “La Struttura”, anche solo di spalle, lo distruggeva... il cuore impazziva e doveva subito sedare quei brividi freddi con delle pastiglie appropriate. Kate, da par suo, era molto preoccupata delle condizioni con le quali Andrea si presentava ma, n’era convinta, un taglio netto, sarebbe stato un bene per entrambi. 

Il vecchio, ritrovato morente all’angolo tra Stamford Street e Waterloo Road, privo di documenti e memoria, sembrava aver nuovamente sconvolto il fragile equilibrio del suo ex. Stavolta però, le lunghe conversazioni con l’anziano, che Andrea s’ostinava a prolungare ben oltre l’orario di lavoro, sembravano avere un effetto inaspettato sul giovane uomo. Jules, così decise di chiamarlo Andrea visto che l’accento del vecchio pareva collocare le sue origini nelle franche terre, s’interessava a tutto ciò che Andrea aveva sino allora vissuto e commentava con acuto entusiasmo ogni singolo elemento portato nella discussione. Per le prime volte in vita sua, Andrea, di buon grado accettava le costanti sconfitte a scacchi. Jules era imbattibile. Incredibile il considerar che non ricordava il proprio nome ma che, invece, rammentava perfettamente ogni singolo stratagemma, anche i più sporchi, per poter vincere quella rappresentazione di vita e di guerra che sono gli scacchi. 

Gli impeccabili abiti di sartoria che indossava il giorno del ritrovamento, abbinati al raffinato portamento, alla sicurezza, alla spavalderia e, talvolta, all’arroganza facevano supporre nobili origini. Nella 12 ore che l’accompagnava, oltre all’elegante astuccio di struzzo contenente il kit del perfetto eroinomane, ad uno zippo d’oro, ad una copia del Financial Times e a 3 stilografiche Mont Blanc, non v’era traccia alcuna di documenti. Nella tasca chiusa da una robusta cerniera, invece, vennero trovati dall’integerrimo poliziotto 72.000 sterline in contanti di grosso taglio. 

Una tale cifra poteva giustificare una provvidenziale perdita di memoria pertanto, la polizia, faceva visita a Jules piuttosto spesso anche se poi, archiviarono il caso e restituirono i soldi all’elegante uomo.

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