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La nebbia

Ricordo quel mattino.
Ricordo la nebbia, tanto fitta dalle nostre, dal poterti soffocare.

La nebbia.

La nebbia ha un odore, un colore ed una sua consistenza; se filtra il verde intenso, quasi irreale, della campagna che circonda il palazzo dove, solitario, sono cresciuto;
allorquando pare, con quel freddo che trasforma pur il respiro in bruma, mimetizzare i testardi rimasugli di neve ormai di prossima resa;
se fende a tal punto la carreggiata da chiudere le pareti d’un limbo che par periodico;
allora quella nebbia, è la mia nebbia.

Riavviato, come spesso, dagli spari venatori, e, dalla fenditura, osservato il bianco spettacolo dell’indeterminato, mi vestii in fretta per godermi gli ultimi giorni di pigra purezza. In calzoni velluto, calze spesse nascoste dai gambali, odoroso maglione Aran, giacca e berretto in tweed a celare gli occhi entusiasti, di fretta piluccai un pezzo di pane imburrato ed un uovo.

Mia madre era troppo affaccendata nei preparativi al ritorno in città per badare alle mie cattive abitudini, prive di liquidi e zuccheri, a sua certezza indispensabili alleati per l’inizio d’una giusta giornata.
La vicinanza al periodo mondano metteva tutti, me escluso, in allegria stufi com’erano del bucolico - ma necessario - isolamento campestre.

Ispezionai l’arma: le decorazioni raffinate raffiguravano scene di caccia alle anatidi, le toccai minuziosamente riempiendomi di piacere per quel possedimento tanto desiderato e controllai che fosse scarica soffiando, come rito imparato, nelle canne vuote. Con la doppietta giocattolo a far da bretella, mi tuffai nel freddo nulla con l’eleganza d’un nuotatore esperto, non ancora sicuro dei difficili compiti che mi sarei imposto durante la mattinata: cacciatore? Soldato di ventura? Forse esploratore, oppure tutte queste cose assieme improvvisando di gusto.

Il bianco mi circondava. Il sole doveva essere forte, che il riflesso candido era quasi accecante. Trovavo divertente allontanarmi quanto bastava dal perdere riferimenti, girare su me stesso ad occhi chiusi sino a perdere completamente l’orientamento e da quel, ricercare con affanno disperato la via di casa, una sorta di sostituzione invernale a quando, nel mare della stagione opposta, ci allontaniamo dalla riva sino a rischiare la vita, uno dei pochi momenti in cui possiamo contare solo su noi stessi.

Ricordo ancora quel mattino di tanti anni fa. Oggi è un’altra mattinata, i ricordi di quella vita che sin qui mi han condotto sono parte di me. Oggi divento re. Buffamente però, l’unico mio rallegramento non sono le rosee promesse per il mio destino che si compie, i festeggiamenti o gli agi che m’attendono ma è la nebbia che, come un fedele pericoloso amico, mi aspetta fuori dall’uscio.

Commenti

  1. scrivere dovrebbe diventare per te qualcosa di più che un hobby.

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